Approfondimento al pannello su Dreyfus: 3. Gli intellettuali e l’affaire Dreyfus

J’accuse, di Zola, appare sull’«Aurore» del 13 gennaio 1898. In un testo che si presenta come lettera al Presidente della Repubblica Faure, Zola accusa i membri dello Stato maggiore di avere voluto la condanna di un innocente – Dreyfus – e di avere protetto il colpevole – Esterhazy – per non ammettere le proprie manovre. Zola, che aveva già scritto contro l’antisemitismo, la «dittatura militare» e la «reazione clericale», vuole costringere lo Stato maggiore a denunciarlo per diffamazione: si dovrà così celebrare un processo di fronte a un tribunale civile e in questo processo si dovrà tornare sulla vicenda di Dreyfus, che le istituzioni militari e politiche cercavano di insabbiare.

Zola denuncia un complotto ma non è un complottista – pensa che i vertici militari dapprima abbiano semplicemente sbagliato e dopo abbiano agito in modo fraudolento per nascondere l’errore –, ma vede nel caso di Dreyfus una battaglia per verità e giustizia, per la Repubblica e per la coscienza dell’umanità. Nel 1902 morirà in un incidente forse provocato da un antidreyfusardo e lo scrittore Anatole France, recitando la sua orazione funebre, gli riconoscerà di essere stato «un momento della coscienza umana».

Con il suo intervento, Zola dà slancio e coesione all’azione degli intellettuali, che si schierano con lui e con Dreyfus. Scrittori, filosofi, storici, scienziati e artisti, accademici e indipendenti, firmano petizioni per la revisione del processo, scrivono articoli per scuotere l’opinione pubblica, analizzano e smentiscono le menzogne degli antidreyfusardi, mettono in discussione, con argomenti scientifici, le prove e i documenti del processo, producono vignette, figure e caricature per la stampa dreyfusarda, contrappongono alle leghe patriottiche e antisemite degli antidreyfusardi una Lega dei diritti dell’uomo e del cittadino. «La passione per la verità – scriverà Péguy –, la passione per la giustizia, l’insofferenza per le falsità, il rifiuto della menzogna e dell’ingiustizia occupavano le nostre ore e requisivano le nostre forze».

È proprio con l’affaire Dreyfus che si comincia a usare la parola intellettuali per coloro che impegnano nel dibattito pubblico le capacità di riflessione e discussione acquisite per studio e professione. La loro azione, nell’affaire, si rivelerà decisiva per la vittoria del fronte dreyfusardo, sebbene alcuni intellettuali militassero nel campo antidreyfusardo. Questi intellettuali antidreyfusardi – lo scrittore Maurice Barrès è il più eminente – legano l’antidreyfusismo a un nazionalismo misticheggiante e razzista e, sebbene siano numericamente inferiori, possono contare sul favore di ampi strati della popolazione francese. La loro scelta mostra che l’affaire Dreyfus, come avrebbe scritto il critico Albert Thibaudet, avrebbe «obbligato gli uomini di intelletto a prendere partito per l’uno o l’altro dei valori di cui questa generazione era già il campo di battaglia». La vittoria sarà infine di coloro che avranno usato la propria intelligenza per denunciare le menzogne, smascherare i falsi, illuminare i complotti reali e negare quelli immaginari.